TEMPO DA LUPI

TEMPO DA LUPI

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 Questo scritto è originato su forte insistenza di Santino Fortunati, Deux ex macchina del Festival del tartufo in quella della Spina Nuova, in Campello sul Clitunno.

Santino vuol documentare personaggi e folclore: nativi in zona che hanno lasciato un’orma nei ricordi dei coetanei e discendenti.

Poiché i personaggi di cui si vuole narrare le gesta sono quattro, a coprire quattro generazioni, titoleremo il “pezzo”

 

“QUATTRO PERSONAGGI IN CERCA D’AUTORE”

MARCONE

Trattasi di una piccola saga della famiglia Cola, ramo umbro.

Per rispetto dell’età parleremo in primis di Cora Marco, detto Marcone; nato nel 19° secolo e morto nel 20°, personaggio leggendario per la sua stazza, paragonabile a Primo Carnera.

In particolare le mani erano molto grandi e possenti, tontocce doveva farsi forgiare i suoi ferri da lavoro; arnesi su misura quindi.

Attività principale: allevatore di capre. Marcone vestiva un giaccone senza maniche di palle di capra, nero, che lo identificava ben a distanza.

Carbonaio e bracciante, quest’ultima attività normalmente remunerata con baratto, vino in preferenza o granaglie.

A proposito del vino si dice che un carapello di vino (50/80 litri) se lo portasse a spalla, deitto per dritto da Passo d’Acera sino in cima a Orecchie.

Orecchie ancora esiste; vi erano tre case costruite intorno ad una sorgente di acqua, copiosa e ottima, sia per i cristiani che per gli armenti.

Lo scrivente, nipote in terza generazione ha voluto far visita al sito, cioè la casa del bisnonno, Marcone.

In cima al monte, vi è un sentiero che da Pettino porta ai resti della casa.

Lungo il percorso si nota uno scavo a conca/anfiteatro, nella viva roccia, che evidentemente era servita come cava di pietra e fornace per fare la calce.

La casa attaccata al fianco del monte, con ripiani scavati. Il sotto per gli animali, il piano per abitazione con forno coperto, a Sinistra della porta d’ingresso: Le mura della casa in pietra, poggiano su uno scavo nella viva roccia, con uno strato di sabbia di 10 cm, per antisismica.

Per proteggersi dal freddo (coibentazione) i muri esterni sono doppi, con intercapedine riempita a pressione con fieno fine.

Pavimenti, soffitti, divisori interno tutto in legno. Le tavole in quercia segate a mano.

L’unica cosa “importata” le tegole.

All’anima dell’autarchia!

Di Marcone si citano due episodi che definiscono il carattere, oltre che la forza, del personaggio.

La prima all’Osteria di Passo D’Acera:

il Marcone, lasciato un enorme rotolo di fieno fuori del posto di ristoro, si era concessa una pausa di fronte ad un buon bicchiere di vino.

Dei buontemponi del posto pensarono bene di caricare grosse pietre all’interno del rotolo di fieno.

Il Marcone, ignaro ed apparentemente insensibile al maggior perso, arrivato che fu alla stalla, sciolto dalle corde la grande matassa, viste le pietre, si munì di enorme tortore ed in un battibaleno si ripresentò davanti l’Osteria, ora chiusa e deserta come chiuse e deserte apparivano le case intorno.

A Passo D’Acera non si sentiva, respiro di persona, tutti spariti.

Ancora, in occasione della fiera del bestiame di Campello, che si teneva nei giardini alberati, di fronte al Comune, località la Bianca, avendo Marcone venduto grossa parte dei suoi capretti, stava gustando un meritato bicchiere all’Osteria, quando un uomo della Finanza si siede al suo stesso tavolo e pedissequamente ed insistentemente argomentava un suo diritto personale alla donazione di un capretto da parte di Marcone, il quale, senza mostrare irritazione alcuna, si alzo, ghermi a suon di clava un capretto dalla sacca, evidentemente morto, e procedette a romperlo sulla schiena del finanziere, che a stento riuscì a guadagnare l’uscita; alcuni astanti giurano che ancora corre!

Il Marcone, viaggiava: ottobre in andata, a febbraio al ritorno, percorreva il tragitto Italia – Argentina – Italia a bordo di velieri a motori, si offriva come bracciante, (lavoratori rondinella) per il taglio del grano che, essendo le stagioni in Argentina contrarie alle nostre, attiravano i nostri montanari senza terra; questo ancor prima della macchia mototrebbia.

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In secundis

Passiamo a descrivere il personaggio numero due, che in effetti è colui che ha lasciato maggior memoria nei posteri!

Lo scrivente all’età di 7 anni, era ospite dei nonni paterni, località alla Villa – di Campello sul Clitunno.

Tempo di guerra, tempo di sfollati dalla Città ai paesi, per maggior sicurezza, ma anche e soprattutto per la sicurezza di poter mangiare!

La nonna Mariettona Campana in D’Arcangelo, mi sollecitò ad andare a conoscere l’altra parte della famiglia, i Cola, alla Spina Nuova.

Provveduto di colazione al sacco, eufemisticamente parlando, partii solo e di buon mattino; dalla Villa al Ravale, alla Bianca, su per la strada a salire in mezzo agli uliveti, sino in cima a Silvignano; una tappa importante, l’amena e panoramicissima Silvignano, poi Passo d’Acera e lungo il fosso (non c’era ombra di strada) sino alla Spina nuova.

L prima casa a sinistra, oggi un rudere, residenza di nonna Marietta, (piccola Maria in confronto a Mariettona, Grande Maria).

Settimio, il settimo figlio, e di Tommaso Cola, detto Gambardella, per le sue attitudini canore e compositore di rime e filastrocche.

Tommaso, detto Gamba, era piccolo, per nulla possente, anche se animato da cospicua energia nervosa.

Oltre che stornellatore sapeva far bene tre cose:

-         il carbone di legna, il più lungo

-         cercare il tartufo nero; aveva tre piccoli cani ben addestrati e prendeva in appalto i terreni dal demanio, in asta.

-         Il sensale alle fiere di animali; conosceva a prima vista, e dopo aver visionato i denti, l’età e le condizioni di cavalli, muli, asini, bovini, ovini, per cui era molto richiesto.

La trattativa della vendita, il rito, si concludeva con la “rottura delle mani”, in quanto il Gamba scioglieva la stretta di mano che aveva sollecitato, tra venditori e compratore.

Con la conclusione dell’ultimo contratto stipulato (un notaio sui generis!), il Tommaso invitava tutti gli astanti a seguirlo all’Osteria per far festa.

Era abbastanza consolidata la prassi di avere in osteria, uno o più suonatori, ingaggiati dall’Oste, Per cui Gambardella trovava il supporto musicale a sostegno della sua ispirazione, man mano, più esplicita e sciolta con la lubrificazione del vino.

L’Happening iniziato in verticale si concludeva in orizzontale; stile russo, dopo ore di declamazioni con un meritato riposo sotto i tavoli.

Nel frattempo, la saggia somara, legata all’anello del muro del Comune, riusciva a sciogliersi ed arrivata a casa alla Spina, implicitamente annunciava l’ennesima sbornia di Gambardella.

Veniva organizzata una spedizione per il recupero del soggetto.

Oggi, il Gambardella, in circostanze diverse, verrebbe celebrato come un uomo da P.R., Public Relations:

Infatti non bevevo mai solo.

Io ricordo, nel breve periodo ospite presso la Sua magione, che dalla soglia di casa con il bicchiere in mano, chiamava qualsiasi passante, di solito cacciatori, ad unirsi a lui che poi, generosamente, offriva quanto casa poteva – oggi si direbbe che Gamba era un Social Drinker, mia nonna Marietta faceva del formaggio di pecora eccellente; piccole forma, lavorate con cura ed esperienza, molto richieste.

A proposito di formaggio, una notte pioveva a ditotto; si sentiva l’acqua che sgorgava sulla roccia dove la casa era appoggiata dietro l’intercapedine fatta di tavole, a chiudere lo spazio dove Settimio ed io dormivamo.

Alla mia domanda perché Settimio non occupava la stanza sul fronte, decisamente la migliore, la risposta fu che quella era la stanza per il formaggio!

Come padre Gambardella è stato una disgrazia, anche allevare 7 figli non era un scherzo, all’epoca alla Spina.

La figlia Italia (Mia Madre) era nel fosso con le pecore quando un lupo assalì il gregge portandosi via una pecora, mia madre corse a casa a chiedere aiuto; invece di aiuto e solidarietà di fronte all’atteggiamento accusatorio e minaccioso del Gambardella dovette correre dal nonno Marcone in cerca di protezione.

In quell’occasione Marcone dimostrò, a suon di “Lecche”, a Tommaso tutta la Sua riprovazione.

Un altro figlio, Alfredo, si era impiegato alle Ferrovie dello Stato.

Aveva deciso di rendere il Padre custode dei suoi risparmi, in attesa di matrimonio.

Il giorno che Alfredo chiese al padre di consegnargli i suoi soldi, si vide spianato il fucile carico a chiusura dell’argomento.

Il Tommaso di già sposato, decise di andare a vedere l’America.

Con un gruppo di coetanei, tra cui Stella di Molini, attraverso l’Atlantico per andare a Pitsburgh – Pensilvania Città mineraria USA.

Fatta esperienza di poco più di un anno, se ne ritornò in mezzo alle sue montagne. Marietta era incinta, prima della sua dipartita, per cui in sua assenza nacque Italia, così chiamata per nostalgia del natio suolo.

Gambardella non è morto di cirrosi epatica in quanto una, due volte l’anno andava a “passar l’acqua” ad Acquapendente, Chianciano, Fiuggi, per depurare reni e fegato.

Rimasto solo dopo la morte di Marietta e l’esodo di Settimio a Milano, oltre gli ottanta anni, si fece convincere ad accettare l’ospitalità del centro per anziani di Spoleto, dove, preceduto dalla sua fama di donnaiolo, un giorno gli addetti al servizio (uomini) convinsero una assistente donna ancor prospera e piacente, ad attirare Tommaso detto Gamba, dietro una siepe, onde sollecitarlo a provare la sua valentia nell’arte più antica del mondo.

Tutti in attesa della grande risata, dovettero accorrere in aiuto della collega, che sopraffatta dagli argomenti del Gamba, chiedeva aiuto a squarciagola, pressoché vittima sacrificale del soggetto, che con energia ed entusiasmo si accingeva a cavalcarla ad libidum.

Gambardella è morto ben oltre i novanta anni; riposa nel Cimitero di Campello.

Bacco, Tabacco e Venere non hanno avuto su di lui quell’impatto di cui si predica.

Infatti fumava con solerte continuità Pipa e Sigaro Toscano.

Un foto, forse l’unica disponibile, come si diceva, una “istantanea” da me scattata quando ancora era in attività con il carbone da legna, lo ritrae in posa vicino ad una catasta di legna, con la sua Pipa, un boccione da 2 litri di Vino rosso ben stretto al fianco e quell’aria sorniona mentre mi guardava di sottecchi!

Il terzo personaggio è stato Vincenzo Cola, primogenito di Gamba.

Trascorsa una vita come pastore a servizio, in tarda età decise di mettere su casa in quel di “Le Nane”, in prossimità di Campello Alto.

Aprendo nel contempo attività di ristoro e punto d’incontro per anziani.

Avendo trascorso trent’anni a studiare il cielo e le sue varianti per via degli armenti di cui era custode, e che per tempo doveva porre al riparo da pioggia etc., era d’inventato un esperto nelle precisioni del tempo, guadagnandosi il titolo di “Astrologo”.

Infatti era consultato in continuazione, in previsione di matrimoni et altri avvenimenti mondani, da grossa parte della popolazione della Regione.

IL quarto personaggio nipote del Gamba figlio di Alfredo delle F.S., è Rodolfo Cola detto anche il Bradipo, per la sua gestualità molto meditata!

Il Rodolfo, Rudy per gli affascinados ha una certa attitudine alla composizione in versi, che andrebbe coltivata.

Offriamo due esempi, uno composto in occasione di compleanno di Egidio Tassi, e l’altro in occasione della festa per la nascita di Massimiliano.

Forse qualc’osa del Gamba è “percolato” al nipote nella vena creatrice facendo emergere il gusto del verseggiare!

L’autore si firma come pronipote di Marcone, nipote del Gambardella, nipote di Vincenzo e cugino di Rodolfo; il tutto da parte di madre, la figlia citata Cola Italia.

                                                                                                          Renato d’Arcangelo